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martedì 3 settembre 2019

Viaggio glorioso verso la vita di Iolanda de Vonderweid

Cari amici, con gioia condivido con voi la nascita del mio libro "Viaggio glorioso verso la vita" dedicato alle donne mastectomizzate. Potete trovarlo su Amazon in versione ebook o cartacea.
Sarò lieta di ricevere riscontri alla mia mail iolandadv@libero.it
Vi sarò grata se divulgherete alle persone interessate.
Buona lettura!

https://www.amazon.it/VIAGGIO-GLORIOSO-VERSO-VITA-mastectomizzate-ebook/dp/B07TC9VLR6/ref=sr_1_fkmr0_1?__mk_fr_FR=%C3%85M%C3%85%C5%BD%C3%95%C3%91&keywords=iolanta+de+vonderweid&qid=1561052528&s=gateway&sr=8-1-fkmr0

martedì 4 novembre 2014

Per la famiglia del terzo millennio


Vi  dono Per la famiglia del terzo millennio (cliccate sul link per scaricare gratuitamente l'opera), la storia  di una coppia, da me creata, Alice e Marco, che si conoscono, si amano, concepiscono  nella gioia e nella consapevolezza  dopo aver compiuto   un lungo percorso di  auto-perdono, di auto-purificazione  e dopo aver cercato e conosciuto l’importanza di una alimentazione “viva” che possa donare al loro futuro Bambino  un “sangue puro prima che nasca” . Vi sono inoltre molte  storie di vita avvincenti.



domenica 7 aprile 2013

Le parole di Capo Seattle


Queste sono le parole ora più che mai attuali che pronunciò Capo Seattle (degli Indiani Suquamish e Duwamish che abitavano le regioni nord-ovest dell’America, presso l’Oceano Pacifico) durante le trattative con i coloni bianchi per la cessione al governo di Washington delle ultime terre rimaste al popolo Indiano (nel 1854 il “Gran capo bianco di Washington”, il Presidente degli Stati Uniti Franklin Pierce, fece un’offerta per acquistare una grande estensione di territorio sul quale vivevano i pellerossa e promise una riserva per il popolo indiano - Capo Seattle visse dal 1790 al 1866):

"Come potete acquistare il cielo? Come potete possedere la pioggia ed il vento? Mia madre mi disse: ogni parte di questa terra é sacra per la nostra gente, ogni ago di pino, ogni spiaggia sabbiosa, ogni nebbia nei boschi ombrosi, ogni prato ed ogni insetto ronzante, sono tutti sacri nella memoria della nostra gente. Mio padre mi disse: io conosco la linfa che scorre negli alberi come conosco il sangue che scorre nelle mie vene, noi siamo parte della terra ed essa é parte di noi, i fiori profumati sono le nostre sorelle, l’orso, il cervo, la grande aquila, sono nostri fratelli, i crinali rocciosi, i prati, i puledri ... appartengono tutti alla stessa famiglia. La voce dei miei progenitori mi disse: l’acqua scintillante che scorre nei fiumi e nei torrenti non é semplicemente acqua, ma é il sangue del nonno di tuo nonno, ogni riflesso che produce immagini nelle chiare acque dei laghi racconta la vita della nostra gente, il mormorio dell’acqua é la voce della nonna della tua bisnonna, i fiumi sono nostri fratelli, essi placano la nostra sete, trasportano le nostre canoe e nutrono i nostri figli, nei confronti dei fiumi dovreste esprimere la stessa gentilezza che dimostrate verso ogni fratello. La voce di mio nonno mi disse: l’aria é preziosa, condivide il suo spirito con tutte le forme di vita che sostiene, il vento che mi diede il primo respiro ha accolto anche il mio ultimo sospiro, dovete preservare la terra e l’aria e considerarle in modo sacro, affinché vi possano essere dei luoghi dove poter andare a gustare il vento addolcito dal profumo dei fiori di campo. Quando l’ultimo uomo e l’ultima donna Pellerossa saranno scomparsi con le loro terre selvagge ed il loro ricordo sarà soltanto l’ombra di una nube che si sposta attraverso la prateria, esisteranno ancora le spiagge e le foreste? Sarà rimasto qualcosa dello spirito del mio popolo? I miei antenati mi dissero: noi sappiamo che la terra non ci appartiene: noi apparteniamo alla terra. La voce di mia nonna mi disse: insegnate ai vostri figli quanto vi é stato insegnato, la terra é nostra madre, quello che accade alla terra accade a tutti i figli e le figlie della terra. Ascoltate la voce dei miei antenati, il destino del vostro popolo é un mistero per noi, che cosa accadrà quando tutti i bisonti saranno stati massacrati e quando tutti i cavalli selvaggi saranno stati domati? Che cosa accadrà quando gli angoli nascosti delle foreste saranno appesantiti dall’odore di molti uomini? Quando il paesaggio armonioso delle colline sarà macchiato dai fili parlanti , dove saranno andati tutti i boschi? Scomparsi! Dove sarà l aquila? Scomparsa! E cosa accadrà quando diremo addio al veloce puledro e alle zone di caccia? Sarà la fine della vita e l’inizio della sopravvivenza! Questo noi sappiamo: tutte le cose sono collegate, come il sangue che ci unisce, noi non tessiamo la trama della vita, siamo solo un filo di essa, qualunque cosa facciamo al tessuto la facciamo a noi stessi. Noi amiamo questa terra come il neonato ama il battito del cuore di sua madre, se venderemo a voi la nostra terra, abbiatene cura, come ne abbiamo avuto cura noi. Tenete viva nella vostra memoria la terra così com'é quando la ricevete. Proteggete la terra, l’aria, i fiumi per i figli dei vostri figli e amate queste cose come noi le abbiamo amate.


Aggiungo un’altra versione di questo modo di vivere la natura, perché è bene e bello ribadire:
Come potete acquistare o vendere il cielo, il calore della terra? L'idea ci sembra strana. Se noi non possediamo la freschezza dell'aria, lo scintillio dell'acqua, come potete voi acquistarli? Ogni parte di questa terra è sacra per il mio popolo. Ogni ago lucente di pino, ogni riva sabbiosa, ogni lembo di bruma di boschi ombrosi, ogni radura ed ogni ronzio di insetti è sacro nel ricordo e nell'esperienza del mio popolo. La linfa che cola negli alberi porta con se il ricordo dell'uomo rosso. I morti dell'uomo bianco dimenticano il loro paese natale quando vanno a passeggiare tra le stelle. I nostri morti non dimenticano mai la nostra terra meravigliosa, perché essa è la madre dell'uomo rosso. I fìori profumati sono nostri fratelli; il cervo il cavallo, la grande aquila sono nostri fratelli; le coste rocciose, il verde dei prati, il calore del pony e l'uomo appartengono tutti alla stessa famiglia. Per questo, quando il grande capo bianco di Washington ci manda a dire che vuole acquistare la nostra terra, ci chiede una grossa parte di noi. Egli dice che ci riserverà uno spazio per muoverci, affinché possiamo vivere confortevolmente tra di noi. Prenderemo dunque in considerazione la vostra offerta, ma non sarà facile accettarla. Questa terra per noi è sacra, quest'acqua scintillante che scorre nei torrenti e nei fiumi non è solamente acqua; per noi è qualcosa di immensamente più significativo: è il sangue dei nostri padri. Ogni riflesso nell'acqua chiara dei laghi parla di avvenimenti e di ricordi della vita del mio popolo. Il mormorio dell'acqua è la voce del padre di mio padre. I fiumi sono nostri fratelli, ci dissetano quando abbiamo sete, sostengono le nostre canoe. Sappiamo che l'uomo bianco non comprende i nostri costumi: per lui una parte della terra è uguale all'altra, e quando l'ha conquistata va oltre. Abbandona la tomba dei suoi avi e ciò non lo turba. Toglie la terra ai suoi figli e ciò non lo turba. La tomba dei suoi avi, il patrimonio dei suoi figli cadono nell'oblio. Tratta sua madre, la terra, e suo fratello, il cielo, come se fossero semplicemente delle cose da acquistare, prendere e vendere, come si fa con le pecore e con le pietre preziose. La sua bramosia divorerà tutta la terra e a lui non resterà che il deserto. Io non so. I nostri costumi sono diversi dai vostri. La vista delle vostre città fa male agli occhi dell'uomo rosso. Ma forse ciò è perché l'uomo rosso è selvaggio e non può capire! Non esiste un posto tranquillo nella città dell'uomo. Non esiste un luogo per udire le gemme schiudersi in primavera o ascoltare il fruscio delle ali di un insetto. Ma forse ciò avviene perché io sono un selvaggio e non posso comprendere, sembra che il rumore offenda solo le orecchie. E che gusto c'è a vivere se l'uomo non può ascoltare il suono dolce del vento o il fruscio delle fronde del pino profumato? L’aria è preziosa per l'uomo rosso, giacché tutte le cose respirano la stessa aria. L’uomo bianco non sembra far caso all'aria che respira. Ma se vi vendiamo le nostre terre io porrò una condizione: l'uomo bianco dovrà rispettare gli animali che vivono in questa terra come se fossero suoi fratelli. Io sono un selvaggio e non conosco altro modo di vivere. Ho visto un migliaio di bisonti imputridire sulla prateria, abbandonati dall'uomo bianco dopo che erano stati abbattuti da un treno in corsa. Io sono selvaggio e non comprendo come il "cavallo di ferro" fumante possa essere più importante dei bisonti, quando noi li uccidiamo solo per sopravvivere. Che é l'uomo senza gli animali? Se tutti gli animali sparissero, l'uomo morirebbe in una grande solitudine. Poiché ciò che accade agli animali prima o poi accade all'uomo. Tutte le cose sono connesse tra loro. Noi sappiamo almeno questo: non è la terra che appartiene all'uomo, ma è l'uomo che appartiene alla terra. Questo noi lo sappiamo.


Amare e rispettare la Poesia della Natura, ecco la prima prevenzione, prevenire per noi e per le generazioni future giacché la natura non è nostra e possiede così tanti misteri, segreti e soluzioni che pochi scellerati, avidi, prepotenti stanno irreversibilmente dissipando … Medicus curat, Natura sanat.

Un detto Sufi descrive la verità come uno specchio andato in frantumi, è così anche nel campo terapeutico, ogni tradizione, ogni ricercatore ne possiede un pezzo, più o meno grande, ed è importante, come insegnava Theophrastus Paracelsus (1493-1541), che il rimedio nasca dal cuore, e di strade che hanno un cuore, per recuperare il benessere fisico e mentale ne esistono infinite (Amore: la risposta al problema dell`esistenza – E. Fromm). Ad Elea (Velia, nel Cilento), dove Senofane di Colofone fondò la "Scuola Eleatica", e dove Parmenide fu insieme reggitore, legislatore, medico, poeta e filosofo, esisteva già una scuola di medicina meta di infermi. La Scuola Medica Salernitana, considerata la più antica ed illustre istituzione medievale medica del mondo occidentale, sarà la diretta discendente della eleatica, della quale conserverà i segreti delle erbe officinali, della dieta mediterranea, e di una medicina tutta concentrata sulla prevenzione, perpetuandone nei secoli i principi ispiratori, la leggenda narra infatti che nacque dall'incontro di un medico romano, uno greco, uno ebreo ed uno arabo ed infatti ebbe contatti con le varie università europee ed in particolare con la scuola medica di Montpellier, e fu aperta alle donne. Per la medicina naturale (un insieme eterogeneo nel quale confluiscono diverse tecniche) non esiste la malattia, esiste il malato, che esprime la malattia come dimensione anche psichica e non solo fisica: il malato esprime se stesso tramite la malattia. Già Ippocrate nel suo “primo non nuocere” afferma chiaramente che la finalità della medicina è l'interesse del malato: essere utile, ma quando questo fine non può essere raggiunto, non nuocere al malato. Un universo di rimedi ci giunge da questa natura meravigliosa, accenniamone qualcuno e magari, poi, ne parleremo più diffusamente. La più nota terapia, oggi “non convenzionale”, è senz'altro la fitoterapia, ovvero la cura attraverso le piante, nasce quasi con l’uomo, imitando l’istinto animale, o seguendo quell’istinto naturale che l’evoluzione, spostando sempre più la prevalenza cerebrale verso l’emisfero più razionale (quello sinistro) ci ha fatto dimenticare (vedi Dottrina delle Segnature: erbe, piante o altre sostanze con particolari forma, colore o odore.

giovedì 4 aprile 2013

Una nascita speciale






“Sei stata coraggiosa!” continuo a sentirmi dire dalle molte persone, anche donne, a cui racconto la “storia” di Walter…e mia. La nascita di Walter. Se l’era presa con calma (ma cosa significa “calma”?) perché sul finire della quarantaduesima settimana decisi di “aiutarlo” prendendo i due cucchiai di olio di ricino per avviare il travaglio. Avevo passato la mattinata in ospedale, una mattinata non esattamente piacevole trascorsa tra il monitoraggio ed un’ecografia chilometrica (una tirocinante stava facendo esercizio..!!!). Esami di “rito”… nel caso dovessi finire in ospedale nonostante i preparativi per il parto in casa. E poi la ramanzina del medico che mi faceva sentire in colpa perchè se il bimbo non nasceva era soltanto colpa mia…(!?).

Così dopo una ½ ora di sonno iniziò improvvisamente il “big bang” con una fitta al basso ventre. Incredula e soprattutto di soprassalto mi ero quasi risvegliata: ma cos’era successo? E dopo poco un’altra fitta ben più definita che mi toglieva del tutto dal sonno. Dovevo svegliare Paolo? Forse è un falso allarme. E poi, cos’è che “disturba” così prepotentemente il mio sonno appena iniziato? Ero sbigottita. Tutto ciò mi prendeva quasi alla sprovvista, ma allo stesso tempo in qualche angolo del cervello volevo vivermi il momento da sola.

Ed un’altra fitta: stavolta mi ha tolto il fiato! Paolo!! Credo di avere delle fitte…! Contiamo i minuti: sono circa 4 tra una fitta e l’altra. Che si fa? Devo far pipì… Chiamiamo Elisabetta? E’ l’una di notte… Beh, prima faccio pipì, poi la chiamiamo… forse! (Forse non serve… a quest’ora poi?!?). Per fare la rampa di scale e raggiungere il bagno ho altre due fitte così forti da dovermi aggrappare al corrimano e chiedere il sostegno a Paolo.

Trovo un muco delicato, rosato. Ma cosa sta succedendo? …Che sia iniziato…il parto?

Non è cosa facile parlare al telefono con Elisabetta mentre la forza delle gambe mi abbandona durante le fitte così coinvolgenti da farmi entrare in un profondo e frequente respiro.

Elisabetta al principio stenta a rispondermi: è notte, i suoi bimbi dormono…lei stava dormendo…Le dico, respirando affannosamente, che ho delle forti fitte e lei non fa in tempo a chiedermi ogni quanti minuti che un’altra contrazione si fa sentire…Contrazione?! Ma allora è iniziato proprio il travaglio?! Elisabetta non esita oltre e mi dice “Inutile parlare al telefono…Arrivo!”




Ah, bene. Arriva! Che sia la volta buona? Non ho mai vissuto questo momento, sono ancora un po’ incredula, ma la gioia mi assale anche quando ci sono le contrazioni. Mi sento forte e fragile allo stesso tempo, è come se una sorte di energia interna, a me sconosciuta, si fosse messa in moto.




Bisogna chiamare Rossana, dico a Paolo. Ma no, è notte, mi fa lui. Lei mi ha detto di chiamarla, mi ha chiesto di poter assistere al parto, alla nascita di Walter!!! Ok, la chiamo.




L’arrivo di Elisabetta mi fa sentire rincuorata ed al sicuro. Le contrazioni sono molto forti, mi duole molto la zona del taglio cesareo. Sono in piedi, provo a sedermi a metà tra due sedie, vomito…. Elisabetta dice “se si apre sopra si apre anche sotto! Va tutto bene.” Mi sento più libera. Rossana mi accompagna in bagno. Forse seduta sul water starò meglio. No, e poi ho freddo Ross mi parla un po’ scherzosa… non la sento, sono in trance. Sto bene dentro di me, mi riposo tra una contrazione e l’altra, ma più passa il tempo più il dolore al basso ventre sul taglio cesareo pregresso diventa insopportabile!

Sento Elisabetta bisbigliare a Paolo e a Rossana che in questi momenti è meglio non parlare ad alta voce… meglio non parlare proprio! Mi fa dei monitoraggi senza che io debba prendere una posizione diversa da quella in cui mi sento meglio, ma solo appoggiando il “microfono” sul cuoricino di Walter… che emozione sentire i suoi battiti galoppanti che rallentano appena durante le strette! “Scusa se ti disturbo, ma è meglio che controlli ogni tanto” mi dice Elisabetta. Non mi dà alcun fastidio. E’ così delicata e discreta nell’avvicinarmisi. Sentirla così vicina mi dà grande conforto. Anche i suoi lievi massaggi sul bacino e la pulizia dei genitali con l’acqua tiepida mi rilassano. Mi sento confortata dalla sua presenza ed in questa fase del travaglio ho costantemente bisogno di aggrapparmi a qualcuno. Ho molta sete e dopo ogni contrazione sorseggio un po’ d’acqua fresca.




La dilatazione procede velocemente ed Elisabetta prevede, nel caso tutto proceda così, che entro le 6 del mattino Walter potrebbe esser nato. Passano circa due ore, ho trovato una posizione comoda carponi sul tappeto appoggiata al divano. Il dolore alla sola zona del basso ventre sul cesareo è fortissima e penso di non riuscire ad andare avanti a lungo così. Tutto sembra ripetersi senza grandi modifiche, senza un movimento “diverso” che faccia sentire la progressione del parto. Il tempo si dilata, ne perdo la cognizione. AIUTO! Aiuto, non ne posso più!!! Vorrei sbattere la testa contro il muro, così forte da perdere i sensi. Aiuto! Guardo Elisabetta vicino a me. Gli occhi negli occhi: lei mi accoglie, conosce il mio stato, forse ne ha compassione… ma la sua immobilità mi suggerisce “coraggio, non sei da sola anche se ce la devi fare tu. Coraggio!”

L’iniziazione del parto: per me è stato questo. Sono arrivata ad un punto in cui avrei voluto morie, finirla così.




Attraverso questo stato, ad un certo punto, qualcosa stranamente cambia. Durante una contrazione che inizia dolorosissima, improvvisamente sento l’impulso di spingere con forza. Mi sento pervasa da una forza interna di espulsione, di spinta dall’interno. Mi accorgo che questo cambiamento ha portato via il forte dolore alla vecchia ferita. Mi sento forte e piena di una nuova energia. La testolina di Walter è già in vista da un po’: un cerchietto di cranio con pochi capelli biondi fa capolino da qualche tempo. Le spinte si susseguono, ma sembra che tutto rimanga dov’è.

Elisabetta mi consiglia di muovere le gambe. Si stupisce che non mi facciano male dopo tanto tempo che sono carponi. Non sento nessuno dolore alle ginocchia, ma la ascolto e mi sgranchisco un po’: prima una gamba, contrazione, poi l’altra gamba. Mi consiglia di fare una doccia… ah già! E la vasca? Non si era parlato di parto in acqua? Nella fretta di poche ore prima, vista la ritmicità delle contrazioni, è rimasta a casa dell’ostetrica assieme alla macchina fotografica. Si voleva fare qualche foto, un ricordo per noi, una testimonianza per Elisabetta. Alcuni ritratti discreti di un momento magico. Nessuna macchina fotografica: anche Rossana l’ha lasciata pronta a casa e Paolo ha dimenticato la mia in un cantiere. Walter non vuole foto per ora!




Arrivano le sei e si sveglia Miha. “Perché la mamma grida?” chiede tutto assonnato e con la sua copertina preferita in mano. “Sta nascendo Walter!”. “Mamma non ti preoccupare, ti copro con la mia “nanna”, ci sono io con te, sta nascendo Walter!” e mi tiene la mano… Che tenerezza infinita! Miha partecipa al mio dolore, lo rincuoro, va tutto bene, solo fa un po’ male. Lui mi sta vicino e mi “aiuta”. E’ bellissimo averlo vicino e sembra che per lui sia un evento del tutto normale.




Si continua ad intravedere parte della testolina di Walter che a volte è più esposta ed a volte rientra un po’….Elisabetta non si allarma, ma inizia a supporre il viaggio all’ospedale. Ospedale?! Non se ne parla nemmeno, io non mi muovo da qui! Non ne ho nessun dubbio, forse è anche la determinazione di Walter a voler nascere a casa…ha solo bisogno di un po’ di tempo e di aiuto. Del resto non ho saputo spostarmi neanche per la doccia, non posso immaginare di alzarmi, entrare in macchina ed andare in ospedale. Se c’è bisogno di tagliare, fallo tu, le dico.

Mi fa spostare un po’, mi distendo sulla schiena e puntando i piedi contro Paolo e Rossana spingo volontariamente durante le contrazioni… (come nei film). Qualcosa si è mosso. Elisabetta decide di chiamare Luciana al telefono, sono circa le sette del mattino. Miha sta disegnando, ha fatto un budino assieme a Rossana che si prende cura di lui, come se nulla fosse: il parto è un evento naturale e Miha ne è profondamente consapevole.




In questa seconda fase di spinta non ho più bisogno di aggrapparmi a qualcuno, ma la vicinanza delle persone mi dà un gran conforto. La potenza delle spinte è pazzesca. Come mai Walter tarda a nascere? Grido più volte durante le spinte “Walter vien fora!!! Dai che vojo veder i tuoi oceti!!!” Grido anche con rabbia, dopo tanto non è possibile andare all’ospedale…non più. E’ bastata l’esperienza con Miha: presunta rottura del sacco, nessuna contrazione né segnali di travaglio, una giornata di ossitocina (a dosi di cavallo: “Con queste dosi avrebbe dovuto sputarlo!” mi ha detto la dottoressa all’ospedale), un’ora di vasca in acqua tiepida dove le contrazioni, una volta tolta la flebo con l’ossitocina chimica, erano sparite quasi del tutto e per finire… il cesareo; poi dolori lancinanti per tutta la notte ed il piccolo Miha, angelico, dormiva nella sua scatoletta, completamente distaccato da me, estratto a forza dal suo nido ed abbandonato nella nursery, senza che io avessi la coscienza e l’energia per tenerlo in braccio. Nessuno me l’aveva detto e sembrava che stessero proprio facendo del loro meglio per badare a lui al mio posto! Mi sentivo accudita allora, tutto era fatto al meglio. Accudita, ma in colpa. Niente parto in acqua (volevo partorire in quell’ospedale proprio per questo motivo!), ma un cesareo. Niente abbracci: io distesa sotto 4 coperte con brividi di freddo fortissimi ed il piccolo Miha esausto e addormentato nella culla di plastica trasparente…




Walter è ora, non esitare! Sembra che l’impedimento sia una mia contrattura muscolare interna che riduce il passaggio di 1/3. I battiti del suo cuoricino sono sempre galoppanti, non dà segno di sofferenza. Vuole nascere a casa ed io sono d’accordo!

Arriva Luciana. Sono circa le otto. Le ostetriche si “parlano”. Continuo nella mia ferma decisione di non voler lasciare casa e la posizione carponi. “Bene, intanto porto Miha alla scuola materna” dice Paolo e sono già sulla porta spalancata quando, non so perché, Luciana esclama “Ma dove andate proprio ora che sta per nascere?!”




Sta per nascere? E cos’è cambiato? Io non ho sentito nulla di diverso! Eppure ecco che nella forte spinta che segue sento la testolina muoversi finalmente verso l’esterno e fermarsi a metà. Walter è riuscito a ruotare quel poco che gli serviva per uscire quando mi sono distesa ed ho spinto. Con la sua testolina ferma in quella posizione ho la sensazione di aprirmi in due. Arriva un’altra spinta e Walter esce con tutta la testa. E’ incredibile come, tra una spinta e l’altra, ci sia una tale quiete. Una calma immobile. Il riposo.

Il bimbo è fermo lì a metà ed io non posso spingere, ma solo aspettare. E va tutto bene. La Natura sa come si fa e fortunatamente anche le donne che ho accanto e quella antica dentro di me. Luciana mi dice “alla prossima spinta lo fai uscire, va bene?”. E così Walter nasce, senza una protesta, senza un pianto. Nella sua casa viene subito accolto in silenzio, un silenzio carico di emozioni, dai suoi cari: papà (che poi scappa a nascondersi per piangere dalla gioia), il fratellino Miha che l’ha aspettato da tanto e già in maggio sapeva che si chiamava Walter (!!?) e dalla sua mamma, al tenuo chiarore di una lampada schermata dal grembiulino stirato di Miha e dalla luce del giorno, ormai alto, che filtra dalle piccole finestrelle della porta d’ingresso.




Mi aiutano a distendermi, i muscoli sono provati e mi sento tremolante. Mi mettono Walter sul seno, ci guardiamo. Sento quasi pudore di incontrare i suoi occhi, ma quando lo guardo scopro una profondità ed una lucida intensità incredibili. Mi guarda come se mi avesse sempre vista. Lo aiutano ad attaccarsi al seno ed in breve lui inizia a ciucciare. E’ morbido e vellutato, profumato e coperto ancora di tanti fiocchi caseinosi. Lo copriamo con un panno morbido ed anch’io vengo coperta perché sento freddo. Guardo le sue manine affusolate, le dita lunghissime e sottili e mi ritorna subito in mente un solletico che sentivo a volte al basso ventre quando lui se ne stava dentro… probabilmente muoveva quelle ditini. Anche i piedini sono sottili e lunghi e molto piegati sulla tibia…si raddrizzeranno?!... Certo che si!

Non penso più a nulla e mi sento come se non fosse successo nulla durante la notte, come se mi fossi svegliata proprio in quel momento trovando Walter sul mio seno. Che magia meravigliosa! E’ difficile da spiegare l’incanto di quel momento. Mi perdo così tanto che non ricordo più nulla del cordone ombelicale e della placenta che deve nascere finché non sento dire “Chi taglia?” …Chi taglia cosa? Il cordone? No! Il cordone non si taglia! Paolo rimane più che sorpreso e solo in quel momento mi accorgo di non avergliene parlato, di non avergli spiegato della nascita Lotus. Ti spiegherò dopo, gli dico, intanto non tagliare proprio nulla! Così nasce anche la placenta. Per cinque o sei giorni rimarrà attaccata al suo proprietario avvolta nel sale, adagiata in una ciotola di ceramica, il tutto raccolto dentro una fodera di cotone.




Durante le prime ore dalla nascita non è stato semplice giostrarmi con bimbo-cordone-placenta, ma in breve ho preso mano. Spostare prima l’uno e poi l’altra o viceversa è diventata una manovra oltre che divertente anche molto famigliare!

Ogni giorno il rito della pulizia e ricambio del sale che profumavo con qualche goccia di olio di rosa mosqueta, lo stesso che mi spalmavo sul pancione e sulle grandi labbra per preparare i tessuti. E poi il latte: arrivato poche ore dopo la nascita in grande quantità e di ottima qualità. E’ così nutriente che Walter cresce 400g alla settimana. A me sembra un miracolo: l’esperienza precedente era stata molto diversa e deludente.




L’impazienza delle prime ore di voler stringere tra le braccia solo Walter si sostituì ben presto all’idea di non poter pensare ad una diversa realtà senza il seguito formato dal cordone e dalla tazza-placenta. Eppoi essa teneva “lontane” le persone inadeguate, proteggendo Walter e me dalla vicinanza di chi non si sentiva “pronto”.




E’ stato durante una visita dell’ostetrica che Walter aveva deciso di passare definitivamente al mondo terreno distaccandosi dalla sua “metà”, dal nido che conosceva più di ogni altra cosa, la placenta che per nove mesi e mezzo lo avevano nutrito e custodito. Ne fui contenta al primo momento, ma subito dopo un senso di perdita si fece spazio in me. E’ stato come perdere “il secondo”. Come se una parte importantissima fosse “morta” in quel momento. Un pizzico di tristezza mi pervase.




C’è veramente una connessione speciale che lega noi mamme ai figli, soprattutto quando l’esperienza del parto è vissuta con gioia e rispetto. Questa seconda esperienza mi ha ripagata dell’enorme sofferenza per l’inaspettato taglio cesareo per la nascita di Miha. Molti alludevano ad un secondo cesareo…per non rischiare… Ma per chi è il rischio maggiore oltre che per il bimbo? Grazie a quel cesareo che mi ha procurato enormi sofferenze, è sorto piano piano in me il desiderio di riscattare la mia capacità innata di procreatrice. Ho avuto la benedizione di incontrare “angeli” come Elisabetta che mi ha rivelato l’esistenza di un “mondo” che vive in noi donne, così misterioso e potente. Mi ha aiutata a trovare quella forza e sicurezza di poter fare meglio, di entrare in connessione col volere del bimbo ed assieme a lui, vivere l’esperienza della nascita come un’iniziazione.




Da quel momento, quando vedo una donna in attesa mi auguro che anche lei abbia la fortuna di poter vivere la magia di quei momenti. Che tutte le donne possano vivere la gravidanza e la nascita con la naturalezza della sua potenza.

Attraverso questa meravigliosa esperienza ho riacquistato la mia naturale capacità di “dare alla luce” nel rispetto del potere innato del bimbo di “venire al mondo”. Questa nascita mi ha ripagata per la sofferenza vissuta: i dolori del cesareo li ricordo ancora vividamente, il travaglio per l’arrivo di Walter non posso più considerarlo doloroso.



Per tutto questo oltre ad Elisabetta, Paolo, Rossana, Luciana, voglio ringraziare Miha perché senza l’esperienza che abbiamo vissuto assieme, probabilmente non avrei cercato un’altra “Via” e Michele per i trattamenti di cranio-sacrale che mi ha fatto durante l’ultimo periodo di gravidanza per preparare i tessuti e rilassarmi: Walter se la godeva e se ne stava immobile ed estatico assieme a me.




Con Amore, mamma Laura. 

Giuseppe della Chiusa, Dolina, Friuli Venezia Giulia

Aprile 2007



La sacralità della gravidanza



NESSUNO SCIENZIATO AL MONDO E' MAI RIUSCITO A CREARE QUELL’OPERA D’ARTE CHE VOI MAMME FATE DURANTE I 9 MESI DI GRAVIDANZA: CREARE UN BAMBINO! CREARE INSIEME AL CREATORE…COMPITO ULTRAUMANO… ESSERE PER 9 MESI CUORE A CUORE , ANIMA CON ANIMA …. EMOZIONE CON EMOZIONE……
LE DOGLIE COME DONI PER LE DONNE E I BAMBINI DUNQUE, NON DI UNA CONDANNA, BENSI’ DI UN DONO, DI UN PRIVILEGIO, DI UNA OPPORTUNITA’ SI TRATTA.

Questa è l’interpretazione del dolore anche di un gruppo di nativi americani. Essi chiamano le doglie “ i doni”per la donna perché ogni contrazione uterina la sostiene nel dare la vita e la porta più vicina al suo massimo desiderio: il suo bambino; doni per il bambino perché gli insegnano il ritmo della vita e lo preparano al suo “ essere nel mondo”. Per i popoli nativi ,il dolore del parto può essere trasformato in gioia proprio attraverso la crescente consapevolezza . Una donna che ha esperienza nell’esercizio di pratiche spirituali legate all’abbandono dell’ego, all’entrare in stati alterati di coscienza, all’unione con l’ Universo, può affrontare il parto lasciandosi portare dalle contrazioni senza resistenza alcuna , quindi senza dolore , verso la nascita del suo bambino e accoglierlo in uno stato estatico. 
(Jeannine Parvati Baker)

Bambini radiosi-cosa si può fare per non intaccare la gioia di vivere dei nostri figli


di Clara Scropetta

Il bambino non è poi così diverso dall'adulto e fin da prima di nascere è una persona completa a tutti gli effetti, anche se si affida all'adulto per essere accudito finchè non può farlo da solo. Entusiasmo, creatività, spontaneità, voglia di vivere, curiosità, energia vitale...sono qualità diffuse nei bambini che dovrebbero essere abbondanti anche nell'adulto. Quelle che consideriamo invece proprie dell’età adulta (responsabilità, serietà, competenza, impegno...) sono presenti in tutti i bambini. Istintivamente sappiamo cosa ci serve, come procurarcelo e lo facciamo con piacere, non controvoglia. 
Il primo passo verso un bambino radioso è riconoscere che sia come noi adulti, competente e allo stesso tempo gioioso.
Il malessere di noi adulti
E se noi adulti non siamo gioiosi? Soltanto recuperando la gioia siamo in grado di avere un comportamento maturo.
Come mai questa gioia si è persa? Cosa si nasconde dietro la nonna contraria all’allattamento al seno del nipote o al bravo primario che interviene su ogni partoriente?
Sofferenza. Da generazioni non siamo concepiti come dev'essere, nostra madre incinta è stata male o ha fatto sacrifici, fin dal principio non siamo accolti fino in fondo. Alla nascita abbiamo sofferto e fatto soffrire nostra madre - volevamo nascere ma qualcosa lo impediva e infine, invece di ritrovarci nelle sue braccia, eravamo in mani estranee. Abbiamo sofferto così tanto che ci sembra di non ricordare. Ci aspettavamo di ricevere il latte materno ma ci è stata data al suo posto una bibita strana in un contenitore artificiale oppure ne abbiamo ricevuto solo un po’ - quando avevamo fame, dovevamo aspettare e imparare a nutrirci ad orario, poi sul più bello è arrivato il momento dello svezzamento. Ci è stato impedito di fare o toccare quello che ci interessava e siamo stati dirottati su altre attività, reputate pedagogicamente rilevanti. Siamo stati aiutati a fare quello che avremmo tanto voluto imparare a fare da soli, gradatamente, assaporando ogni passo. Siamo stati infilati in box "per la nostra sicurezza" e magari anche messi a dormire in un’altra stanza. Piangevamo, ma ci hanno lasciato fare così ci siamo abituati alla solitudine, alla mancanza, all'inedeguatezza. Ci hanno messo pressione per imparare a camminare e parlare prima possibile, senza rispetto per le tappe di crescita e siamo stati separati dall'ambiente familiare molto precocemente. Le nostre richieste sono state ignorate e ridicolizzate.
Questo grande dolore se resta a livello inconscio spesso ci induce ad agire in modo che gli altri soffrano almeno altrettanto. È il caso del medico chirurgo e della nonna, che non hanno la forza per dire "basta" e rompere la catena di sofferenza. Lo stesso meccanismo ci fa andare a lavorare invece di restare a casa con nostro figlio come reputeremmo giusto. Ci porta a restare in situazioni che ci fanno star male, perchè "funziona così per tutti" ed è vero che la maggior parte di noi vive sacrificandosi. Manca la pulsione positiva ad essere pienamente se stessi e il coraggio di prendere decisioni valutando le reali priorità personali. 
I bisogni fondamentali dell'essere umano
Per rompere questo meccanismo dobbiamo prendere coscienza delle nostre esigenze fondamentali quali esseri umani. Esse sono indispensabili per uno sviluppo pieno del nostro potenziale e per uno stato di salute che si esprime sotto forma di bellezza, armonia e integrità. Lungi dall'essere un lusso o un capriccio, sono una concreta necessità biologica per crescere bene, sani e belli.
Per essere radiosi ci vogliono un padre e una madre che si incontrino e si uniscano sessualmente nel piacere più profondo e ci concepiscano consapevolmente seguendo la voce interiore che sia giunto il momento. Nulla di materiale serve a un figlio ma molto di spirituale.
Fin dal primo istante siamo bene accetti, dai genitori e da chi li circonda (futuri nonni, famiglia, amici). Tutti accolgono il nostro arrivo con gioia senza preoccuparsi o dire che non sia il momento opportuno.
La nostra mamma sta bene ed è serena per tutti questi nove mesi e dopo.
Possiamo nascere quando è il nostro momento senza essere monitorati, accelerati, rallentati, tirati fuori. La comunicazione fluida e empatica con la madre viene lasciata intatta. Non è sufficiente nascere vivi senza malformazioni: perché accontentarci di questo? La vita ci offre molto di più! Nutriti dalla gioia nasciamo belli, forti, sani, felici...radiosi. 
Non veniamo separati o allontanati da nostra madre, che ci accoglie come prevede la natura. Niente confusione, agitazione, attività o fretta. C’è silenzio e pace. Nel tepore del corpo materno c’è tempo per cominciare a respirare, ad annusare, ad orientarsi e a dirigersi verso il seno. 
Questo trattamento umano imprescidibile ora lo riceviamo negli ospedali "amici dei bambini" o grazie alla presenza di un medico speciale. Naturalmente un pochino interferiscono, per via dei protocolli e di una presunta sicurezza. 
È un bisogno fondamentale essere assieme alla madre. Poter assaporarne fin dal primo momento l'odore, il sapore, la pelle e lo sguardo e continuare a farlo per mesi, vicini alle poche cose essenziali: latte, calore e amore. Non ci serve l'arsenale di ciucci, biberon, carrozzine e tutta la valanga di oggetti "indispensabili per il neonato" quanto piuttosto il contatto fisico, la voce e il movimento sul corpo di un adulto. Immobili nel passeggino, con il ciuccio in bocca, non è detto che non ci manchi nulla solo perchè non piangiamo. Il contatto continuo, pelle contro pelle, nutre e scalda sia il bambino che la madre: una sinfonia di odori e sapori, un cullarsi al ritmo del cuore e del passo, un danzare i cambi di posizione e ammirare il viso della mamma da vicino. Apprendiamo guardando quello che fa dalla sua prospettiva. Portare i bambini è necessario quanto allattarli – farne a meno compromette l'abilità psico-motoria e l'apertura verso il mondo. Diventiamo meno radiosi. Portare integralmente ("indossare" il bambino), non solo quando il passeggino è scomodo o a discrezione dell’adulto, è uno stile di vita che motiva, permette di comprendersi mutualmente e sincronizzarsi sullo stesso ritmo.
Dormiamo assieme ai nostri genitori e siamo allattati finchè ne abbiamo desiderio. Si parla di mesi di allattamento ma il bambino chiede anni e così favorisce la distanza tra un parto e l'altro e la salute della sua mamma. Quando si riceve per almeno tre anni tutto ciò che ci serve non c'è motivo di essere "gelosi" di un nuovo fratellino.
Un semplice pezzo di stoffa?
Il nostro alleato più prezioso diventa un banale pezzo di stoffa che usiamo per portare il bambino più agevolmente. Tenendo sempre il bambino lì dentro fin dalle prime settimane di vita, ci rieduchiamo a fare le nostre cose con lui e scopriamo di essere liberi assieme. Quando il bambino esprime il desiderio di scendere per cominciare a gattonare, noi restiamo immersi nelle nostre attività e lo riprendiamo in braccio non appena torna da noi, che sia per poppare, per dormire o "semplicemente" per starci in braccio. Occupandoci nelle nostre faccende restando ricettivi alle richieste del bambino stiamo facendo ciò che è previsto e infatti ci sentiamo gratificati. Si instaura una relazione fantastica con il bambino e ci accorgiamo di come lui sappia gestire le sue attività, sia in grado di destreggiarsi nell'ambiente, sappia ciò che può o non può fare, non corra in continuazione rischi e pericoli. Le tipiche crisi, le scene, i "capricci", le "fasi" dei bambini scompaiono per far capolino quando non stiamo bene, quando proiettiamo sul bambino nervosismi e ansie. Delle volte siamo stanchi, abbiamo fatto baruffa o ci sembra che stia sempre alla tetta. A queste sollecitazioni stressanti il bambino reagisce: che cosa ci vuole dire? Di fermarci e rimediare, ritrovando l'atteggiamento giusto. Il bambino reclama un adulto che lo accoglie quando ne ha bisogno, calmo e tranquillo, fermo ma non arrabbiato, senza prendersela con lui.
Non dando corda al comportamento improprio del bambino, il "capriccio" si risolve rapidamente – ciò non vuol dire reprimere la propria rabbia o trascurare il bambino bensì prendere sul serio invece della sua provocazione la richiesta implicita e urgente di essere accolto e apprezzato incondizionatamente. Respirando creiamo tutto lo spazio possibile per questo bambino affinché possa venire da noi, senza lasciarci innervosire da quello che sta facendo, senza giudicarlo o sentirsi in colpa. Senza pensare è idiota, è terribile, è una peste, tutte fandonie che osiamo anche dire. Allora si tranquilizzerà e verrà da noi - è infatti quello che reclama con tutte le sue forze. Lo stesso discorso vale in caso di pianto disperato e inconsolabile.
Non solo i genitori
Tutti noi abbiamo la possibilità di dare un piccolo contributo affinchè i bambini di oggi siano il più possibile in contatto con la loro energia vitale e risplendano della loro luce interiore. Possiamo sostenere i genitori nel loro compito appoggiandoli nelle scelte "anticonformiste" sulla cura dei figli. Possiamo rivolgerci a tutti i bambini con amore e rispetto, dicendo loro la verità, essendo sinceri e coerenti, trasmettendo loro i valori che riteniamo importanti. Possiamo fare molto meravigliandoci di fronte alla loro competenza e divertirci lasciandoli osservare e poi imitare, ricordandoci che ogni volta che facciamo per un bambino quello che può fare lui da solo andiamo a minare la sua capacità e la sua autostima. In particolare di fronte al pianto, al comportamento non adeguato, all'incidente empatia, solidarietà, sostegno e fermezza nel porre limiti diventano importanti. L'adulto si guadagna il ruolo di guida affidabile e il bambino impara le regole sociali senza disimparare ad esprimere le emozioni. Restiamo tutti radiosi.

bambini aggressivi e disattenti?colpa di merendine e aranciate



Dalla repubblica del 7 settembre 2007-09-13

Uno studio senza precedenti condotto dalla Southampton University
Per conto dell’agenzia alimentare del governo britannico ha stabilito senza ombra di dubbio che coloranti e conservanti hanno effetti deleteri sul comportamento dei giovanissimi : la ricerca pubblicata sulla prestigiosa rivista Lancet dimostra che gli addittivi chimici contenuti in molti cibi e bevande , dalle merendine alle caramelle,alle bibite, sono alla base di cali di attenzione ,aggressività e in generale,atteggiamenti anti –sociali nei più piccoli,
Esaminando le reazioni di un campione di 300 bambini dai tre agli otto anni, i ricercatori hanno potuto constatare un immediato mutamento di umore e comportamento dopo il consumo di prodotti con addittivi.I bambini sono diventati dispettosi e incapaci di mantenere la concentrazione. Sono apparsi incapaci di giocare con un solo giocattolo o di portare a conclusione un compito. Sono diventati insolitamente impulsivi e aggressivi. La lista degli addittivi che provocano simili conseguenze comprende una serie di coloranti
Il giallo E 102, l’arancione E 104, il carminio E 122, il rosso E 124, e altri, e un conservante: il benzoato di sodio,E 211. Tutte queste sostanze si possono trovare in tavolette di cioccolato,caramelle, dolcetti, merendine, bibite gassate e non. Citando i risultati della ricerca, la Food Standards Agency ( Fda), ossia l’agenzia governativa che regolamenta il settore alimentare, invita i consumatori a controllare la presenza di queste sostanze sulle etichette dei prodotti e a non acquistarle se i propri bambini mostrano sintomi di iperattività e sindrome da deficit di attenzione.
Alcuni gruppi per la difesa dei consumatori, ritengono che l’agenzia abbia sprecato l’opportunità di adottare misure più severe, vietando completamente l’uso di addittivi chimici nei prodotti alimentari.
In Gran Bretagna il rapporto ha ricevuto enorme interesse: il Times e il Guardian di Londra vi hanno dedicato l’intera prima pagina,
La gente ora è avvertita del rischio che corre a far mangiare e bere queste cose ai propri figli e di quella che può essere l’origine dei comportamenti iperattivi dei bambini.

La percezione di se


Arrivare ad una visione olistica della realtà, richiede necessariamente la percezione globale di se stessi. Partiamo da questo punto fondamentale: le persone non hanno la percezione di se. Se, come sappiamo, l'essere umano è fatto di tante parti, e se queste parti corrispondono ad una psiche, se non c'è unità significa che noi siamo frammentati con un Io formato da tante sub-personalità molto spesso in conflitto tra loro. 
Se provate a chiudere gli occhi e cercate di percepire il vostro corpo nella sua totalità, questo vi risulterà probabilmente impossibile. Se vi va bene riuscirete a percepirne il 20-30%. Riuscirete a sentire perfettamente la vostra mano destra, il vostro piede sinistro, la vostra schiena, ecc, ma sentire "l'unità" del vostro corpo vi sembrerà una cosa inattuabile. 
Il punto di partenza è questo: il corpo! Ma cos'è che ci ha condotto a questo stato di disintegrazione del nostro corpo? Immaginiamo lo stato psicofisico di una persona che ha somatizzato una chiusura del cuore già da bambino: i genitori non avevano presenza, non avevano coscienza o non potevano trasmetterla. Quello che si chiude in quel bambino è il senso dell'esistere come totalità. Questo significa che si chiude il cuore, le energie sono basse, ristagnano nella pancia, perché non salgono al cuore, le energie alte non scendono. Ecco comparire i grandi blocchi: il blocco della gola tra la testa e il cuore, il blocco del diaframma tra il cuore e l'addome, il blocco del bacino, tra l'addome e i genitali. il blocco del mentale tra le energie della testa e l'apertura verso l'alto. 
I blocchi classici sono : piedi e ginocchia, che si riferiscono alla assenza di messa a terra; le spalle per l'incapacità di reggere il peso, gomiti, polsi e mani perchè l'energia del cuore non può fluire in maniera naturale verso la periferia.

A livello psichico questi blocchi somatici provocano una frammentazione parallela. Quindi la frammentazione dell'identità è il nostro stato acquisito a livello culturale nel nostro tempo. E' imperativo quindi, ai fini della consapevolezza globale, attraverso un lavoro fisico, psicologico, emozionale, energetico, far ritornare a fluire, a liberare le emozioni e i pensieri che bloccano le varie zone del corpo ritornando ad uno stato di presenza fisica integra. 
La psiche, quindi, si troverà alla fine, ad essere il processo di inclusione di tutte le energie, un centro -come diceva Gurdjieff- di gravità permanente. Da questo stato si passerà poi a ricercare poi una centralità dell'essere ancora più forte attraverso processi meditativi, portando tale energia ad un livello di fusione, di unità che tutte le Scuole del passato e del presente continuano a ricordarci.


Pubblicato da Michele Granieri 
http://ilricordodise.blogspot.com/

Michele Granieri: Laureato in Psicologia Biologica
 Ricercatore spirituale e counselor olistico 
Direttore Scuola di Autoconoscenza "progetto Atman" di Trieste. 
Esperto di formazione e sviluppo delle risorse umane 

Effetto placebo su scala mondiale


Chi non ha mai dato il Robitussin al proprio figlio raffreddato? Oppure il PediaCare, il Triaminic, o qualunque altra medicina contro la tosse e il raffreddore nei bambini?

Ebbene, qualunque medicina abbiate usato, non serve assolutamente a nulla. Anzi, rischia addirittura di danneggiare seriamente la salute del bambino. Mentre pare che le stesse medicine abbiano il previsto effetto sugli adulti, e sui bambini “dai 6 anni in su”.

Questa è la sconcertante conclusione a cui è giunta una commissione della FDA (Federal Drugs Administration, l’ente americano responsabile per la legalizzione delle medicine sul mercato), la quale ha semplicemente raccomandato il ritiro di tutte le medicine anti-tosse /anti-influenza per bambini da tutti gli scaffali di tutte le farmacie americane. E si presume, di conseguenza, anche dalle farmacie del resto del mondo.

”La Commissione ha concluso - dice l’articolo del New York Times - che non ci sono prove che queste medicine riducano i sintomi di raffreddore nei bambini, mentre sono stati denunciati casi in cui hanno provocato dei danni”.

Pare infatti che il visibile “effetto calmante” di certi medicinali non avvenisse sul sintomo specifico, ma sull’intero bambino: si trattava cioè, in molti casi, ...

... di un prodotto che dava semplicemente sonnolenza, comportando nel frattempo gravi rischi, in caso di overdose.

Nonostante questo, la Commissione non ha votato all’unanimità, e i membri che si sono opposti al ritiro delle medicine si sono giustificati dicendo che “dottori e genitori hanno bisogno di qualcosa da dare ai bambini, anche se l’efficacia non è dimostrata”. (Chissà perchè lo stesso ragionamento non deve valere per tante altre cure alternative, che invece non possono andare sul mercato proprio “perchè la loro efficacia non è dimostrata scientificamente”?)

In ogni caso, l’Associazione dei Produttori delle medicine ha annunciato che si opporrà alla richiesta di ritiro dei prodotti per bambini, affermando sprezzantemente: “Noi siamo convinti che questi prodotti rimarranno sul mercato”. La giustificazione? Per mettere in atto un ritiro di queste dimensioni, secondo loro, “ci vorrebbero degli anni”.

Il motivo di questa recalcitranza diventa forse più chiaro se si pensa che stiamo parlando di 800 diversi prodotti pediatrici contro il raffreddore, con 95 milioni di confezioni vendute annualmente, per un fatturato medio di 500 milioni di dollari all’anno.

La notizia però ha già fatto il giro della rete, e le mamme preoccupate cominciano a domandarsi che cosa fare al prossimo raffreddore o crisi di tosse del bambino. E qualcuno comincia a parlare di alimentazine più sana, unita ai vecchi rimedi della nonna.

Ma se queste medicine non fanno nulla - ci si domanderà - perchè mai sono state approvate in primo luogo? La risposta la riportiamo nell’originale, perchè si rischia di non essere creduti:“Pediatric cold medicines were approved in the early 1970s despite almost no evidence that they worked because regulators assumed then that drugs that worked in adults would also be helpful in children. Since then, researchers have learned that adults and children can react to medicines very differently”. “Le medicine per il raffreddore dei bambini furono approvate all’inizio degli anni ’70 nonostante la quasi totale assenza di prove della loro efficacia, perchè i responsabili presumevano che le medicine che hanno effetto sugli adulti fossero utili anche per i bambini. Da allora i ricercatori hanno scoperto che adulti e bambini possono reagire alle medicine in modo molto diverso.”

A questo punto viene da domandarsi: quante saranno le terapie a cui sono state poste le basi negli anni ’70, e che magari si trascinano ancora oggi solo per questioni economiche e politiche, in spregio ai veri metodi e fini scientifici?


Articolo di Massimo Mazzucco

Ecologia:le 4 erre




Le 4 R per avere un Pianeta più a misura d’uomo dove “ tutti si preoccupano di tutto e di tutti, della terra,di Madre Terra che appartiene a tutti e che è un organismo vivente pulsante vibrante.
La Terra, infatti,vibra come l’uomo :ogni volta che buttiamo via un sacchetto di nylon nei rifiuti, questo andare molto lontano, può arrivare in mare e soffocare un delfino.!
Ogni volta che eccediamo con la dose di detersivo in lavatrice ricordiamo che quel detersivo ritorna e lo possiamo ritrovare negli orti dove si coltiva l’insalata.
LE 4 R
RIDURRE: una nuova consapevolezza nell’acquistare l’essenziale,non il superfluo
RECUPERARE: Riutilizzare gli oggetti riciclando tutto ciò che è possibile
RIPARARE: Prendere l’abitudine di non disfarsi di indumenti o quant’altro si possa ancora usare : gli abiti non più di moda, le calze bucate ecc.
RISPETTARE: gli oggetti di cui ci serviamo